L’altare etrusco è da pochissimi anni una delle attrattive del viterbese, superando per interesse la vicina ultima casa di Pasolini grazie a questo esploratore e custode volontario che in un mese e mezzo, con zappa, ascia e pala, l’ha dissotterrata. Il gigantesco blocco di piperino è stato trasformato fino al Medioevo, ma certamente scolpito almeno in epoca etrusco-romana. O anche precedente, dice Salvatore, che, pur non essendo archeologo, arriva con l’amore per questi luoghi, un fiuto prodigioso e con la logica a scoprire tracce risalenti addirittura al neolitico, di cui ha da poco fatto segnalazione alla Soprintendenza. Altare sacrificale, tomba, monumento astronomico. Gli interrogativi sulla piramide sono ancora tanti, ma Salvatore, che conosce ogni centimetro di questo megalite, ha una sua teoria: era un enorme, antichissimo «frigorifero». Sacro certamente, legato a qualche Dio, ma un luogo soprattutto necessario, in qualche modo funzionale alla vita della comunità. Una comunità che probabilmente abitava al di sopra, su un pianoro affacciato sulla valle e riparato dalle correnti. Sull’altare-frigorifero si svolgevano presumibilmente sacrifici di animali, ma vi si conservava anche la carne: esposto a nord, prende in pieno la tramontana, è un posto sempre fresco e il sole in inverno lascia l’ultimo spigolo a mezzogiorno. Bomarzo è conosciuta nel mondo per i suoi mascheroni di pietra, luogo esoterico e pauroso. Ma i dintorni, verso Soriano, sono boschi in cui la natura, per secoli e millenni, è stata legata al divino, dove la pietra di piperino è stata scavata per ottenere case, stalle, tombe, vasche, luoghi di fascino magico di cui aveva intuito il valore favolistico Pierpaolo Pasolini, che qui vicino girò il suo Vangelo secondo Matteo e decise di abitare gli ultimi anni prima della morte.