Salvatore Fosci, , nato a Bomarzo, in un grande masso di peperino è raccolta l’essenza di tutta la sua vita. Ha vissuto per diverso tempo in Alto Adige e da circa 6 anni è tornato alle sue origini. Da quando è tornato a casa, a Bomarzo, si dedica all’agricoltura. Un lavoro che gli permette di conoscere la terra da vicino, avere un contatto diretto con quello che coltiva e produce, avere ancora più rispetto dell’ambiente che lo circonda.
“Produrre vino, olio, fare l’orto è qualcosa che ti fa capire il passato. I boschi della Tuscia contengono tracce e testimonianze che i nostri parenti antenati ci hanno donato con la loro conoscenza di questi meravigliosi luoghi. Quei massi di peperino che il vulcano cimino ci ha regalato ci hanno dato la possibilità di modellare la pietra a nostro piacere, abitazioni, pestarole per produrre vino, tombe, urne cinerarie, altari piramidali, sassi del predicatore. Questo e tanto altro i nostri territori hanno saputo conservare e oggi tocca a noi conoscerli e proteggerli”.
Salvatore è quell’uomo che provvisto di voglia di fare e cesoie, nel 2008 ha iniziato a tagliare via la fitta vegetazione che copriva la piramide etrusca di Bomarzo. È stato lui a riportare in luce il maestoso monumento rupestre che un tempo veniva chiamato Sasso del Predicatore.
“Nel 2008 lavoravo ancora in Alto Adige ma avendo a disposizione diverse ferie in inverno, ho potuto dare un volto alla piramide etrusca. L’interesse e la passione per i boschi e per la storia del nostro paese l’ho sempre avuto sin da piccolo, e l’intervento di ripulitura che ho effettuato da semplice appassionato nel febbraio del 2008 è stato per me un ritorno al passato. È stata un’emozione indescrivibile vedere affiorare dalla fitta vegetazione questo maestoso monumento rupestre, con una pala, un’ascia e una zappa rinforzata e il massimo rispetto per quel luogo sacro.
Di sudore ne è caduto tanto, ma la voglia di veder pulito l’altare era troppo forte. Le radici infestanti che si nascondevano sotto lo strato di terra in prossimità dei due vani erano di grosso diametro, ma pezzo per pezzo sono riuscito a toglierle riuscendo a mettere in sicurezza e dare visibilità al monumento.
La mia è stata una riscoperta del monumento dalla vegetazione e il ritrovamento del vecchio passo, chiamato passo della Finestraccia, che conduce in un ambiente scavato nella roccia con due finestre da cui appunto ne deriva il nome. Pur conoscendola da piccolo grazie a mio padre, la scoperta archeologica della piramide è avvenuta tra gli anni 80 e 90, prima da ricercatori locali che avevano creato un gruppo chiamato Gap, Gruppo Archeologico Polimartium, oggi entrato a far parte ad Archeotuscia di Viterbo dove anche io faccio parte.
Nel 2000 Proferento, Archeotuscia e l’archeologo di zona hanno descritto la piramide, ma le foto non mostravano quel volto che oggi offre dopo la mia ripulitura, apprezzata anche dai beni culturali”.
Prima della riscoperta poche persone conoscevano la piramide. La chiamavano, come già detto, Sasso del Predicatore. Le prime testimonianze scritte che trattavano la piramide risalgono al 2000 e incominciavano a incuriosire. Qualche appassionato o studioso andava alla sua ricerca, con esito negativo, in quanto non era facile trovarla, i sentieri non erano puliti e bisognava farsi spazio tra i rovi. Oggi i sentieri sono percorribili grazie al lavoro di Salvatore.
“Ancora oggi per arrivare alla piramide non ci sono segnalazioni ma i sentieri li ho resi percorribili, e per chi non conosce il luogo diventa un impresa, con il rischio di perdersi. Un giorno chiesero a mio padre che passeggiava nel bosco dove fosse la piramide. Lui, meravigliato, non ha saputo dare indicazioni in quanto la conosce come Sasso del Predicatore o sasso con le scale. Poi un giorno gli ho spiegato che la piramide era proprio il suo sasso con le scale. Sorrise, perché tutto questo interesse per questo masso, quando lo frequentavano loro nei tempi passati con la povertà e la fame, di ricercatori e turisti non se ne erano mai visti”.
Sono stati proprio i racconti di suo nonno e suo padre che hanno aiutato Salvatore nella riscoperta dell’antica piramide, un luogo al quale è legata tutta l’essenza della sua vita.
“Credo che la storia di questi luoghi arrivano a noi grazie alla conoscenza dei nostri anziani. Il mio bisnonno, nato il primo aprile come me, era stato il guardia boschi di Bomarzo, mio padre e altri paesani hanno sempre frequentato quei boschi. I vari sentieri erano quindi transitati, dove passavano con il bestiame e raggiungevano le diverse sorgenti che affioravano abbondanti nelle forre, tra la piramide Santa Cecilia, Fosso Castello e Cagnemora.
Da quando ho pulito la piramide ho cominciato a riscoprire i veri sentieri e, sempre grazie a mio padre, oggi ho capito che quando sono alla ricerca di un antico sentiero nella fitta vegetazione bisogna osservare i sassi ed il suo consumo. A volte si notano dei massi dove la forma del piede ha logorato la pietra, allora vuol dire che è la direzione giusta. Il saper cavar pietre, costruire capanne con la saggina, intrecciare le funi con la canapa. Essere pastori significava sacrificio, mio padre era pastore, come del resto i molti suoi amici. Dormivano dove capitava, molte volte sfruttavano le abitazioni rupestri e le tombe scavate nella roccia, presenti in tutto il nostro territorio. Di notte bastava uno sguardo alle stelle e di giorno bastava un’ombra di un albero per saper che ore fossero.
Quei riti di fare il formaggio o uccidere nel massimo rispetto un agnello fa capire che il libro dei segreti del passato loro lo rappresentano, quindi il mistero della piramide per i nostri anziani e per mio padre non esisteva. Lui la piramide la chiama il sasso con le scale ma sempre rispetto ha portato al luogo. Fino a quando i nostri contadini e pastori frequentavano quei boschi, nessuno si permetteva di togliere un sasso da un muretto, tutto il territorio era in ordine. Il loro abbandono è significato degrado e sciacallaggio dei vari reperti archeologici”.
Salvatore la piramide la sente dentro di sé, come una sua creazione.
“Dal giorno che ho toccato quel masso di peperino, quel masso non mi ha più mollato. Oramai sento il suo odore di passato dentro di me. Quasi mi vergogno a dirlo ma a volte mi trovo a discutere e a ragionare con esso del perché del suo utilizzo.
Conosco ogni centimetro, ogni scolo, ogni gradino, ho visionato ogni tipo di lavorazione che ha subito, le modifiche che da un tempo più antico hanno lasciato spazio a una lavorazione più recente, un monumento per riti pagani che viene rispettato anche nel mondo cristiano. Di segreti ne nasconde veramente tanti, io ho dato una mia visione da semplice appassionato.
Il lavoro da me svolto è servito a far conoscere meglio il nostro territorio e gli stessi abitanti di Bomarzo, un po’ scettici delle mie ripuliture iniziali, che mi dicevano ma chi te lo fa fare, oggi li vedo interessati e stimano il lavoro che ho svolto”.
Dopo la ripulitura del 2008 del sito e dei sentieri che portano alla piramide, l’interesse per il monumento è cresciuto. Oggi arrivano molti gruppi accompagnati da guide, fortunatamente sono gruppi responsabili che non lasciano sporcizie varie nei boschi. Ma comunque, per Salvatore, una tutela in più ai vari monumenti va imposta.
“Un esempio, salire e scendere dalla scala della piramide vuol dire consumo delle scale stesse, cosa che non è avvenuta nei secoli del loro utilizzo sacro, quindi bisognerebbe trovare una soluzione al problema. Quando ho pulito la piramide non pensavo che potessero arrivare tutte queste persone, quindi si sta pensando di attuare delle regole con i vari enti, soprintendenza, cooperative e associazioni locali per far sì di portare visitatori in modo sicuro e responsabile”.
Le innumerevoli visite alla piramide sono motivo di orgoglio per Salvatore.
“I visitatori sono per me fonte di orgoglio. La piramide di Bomarzo rappresenta le mie origini e voglio che oggi il lavoro che ho svolto non venga dimenticato. La conoscenza del nostro passato è cosa che tutti devono conoscere, le nostre origini serviranno alle generazioni future per capire meglio che il nostro territorio è da difendere.
Mi fa piacere lasciare questa testimonianza. Negli anni dopo la riscoperta della piramide ho avuto la possibilità di essere stato contattato da diversi siti, giornali e programmi televisivi che hanno dato spazio al mio racconto. Se la mia parola arriva agli altri tramite chi si occupa di informazione, questa parola diventerà più forte, e ci aiuterà a difendere la nostra storia disseminata in quei boschi”.
Oltre alla piramide di Bomarzo, Salvatore è riuscito a scoprire nella zona molte altre testimonianze del passato, quasi tutte avvolte dalla vegetazione.
“Negli anni scorsi abbiamo fatto interventi di scavo con la soprintendente dell’Etruria Meridionale e altri scavi verranno effettuati prossimamente. È stata una bella esperienza di conoscenza, ogni frammento che affiora da quel terreno, mattoni tegole e laterizi, fa parte di una storia da raccontare. Sapere come fare il vino con le pestarole, dove la vite è ancora presente vicino a questi manufatti di pietra, a testimoniare che i giunchi che servivano per filtrare il mosto, le ginestre o saggine per la costruzione di capanne, sono presenti ancora vive tra chi li utilizzava nel passato. Il bosco merita rispetto e tutela. Altre scoperte sono da poco state fatte da appassionati locali, nella valle di Cagnemora, e si stanno aprendo nuovi percorsi interessantissimi, tra tombe etrusche, urne cinerarie, antiche concerie e colombai. Appena i percorsi saranno aperti al pubblico ne daremo notizia così, oltre alla già conosciuta piramide etrusca, il bosco di Bomarzo offrirà ai visitatori altre testimonianze del passato”.
Salvatore Fosci: la piramide di Bomarzo la scoperta della mia vita